Referendum/2, equità e giustizia nelle imprese fino a 15 dipendenti

Strettamente legato al primo quesito referendario, che intende abrogare le norme che limitano il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento ingiustificato, previste dal contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act, è il quesito numero due, identificato dalla scheda arancione, con il quale i promotori vogliono eliminare il tetto massimo agli indennizzi per licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di 15 dipendenti.

Attualmente, in aziende di piccole dimensioni, un lavoratore licenziato senza giusta causa può ricevere al massimo sei mensilità di risarcimento, anche se un giudice riconosce l’illegittimità del licenziamento.

Immagine generata con l’aiuto di Leonardo AI

In base alla modifica del 1990 alla legge 604 del 1966, i lavoratori licenziati ingiustamente in queste imprese possono ottenere un risarcimento economico compreso tra un minimo e un massimo di sei mensilità di stipendio. Inoltre, in queste imprese, non è prevista la reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, salvo che si tratti di licenziamenti discriminatori. Per meglio comprendere il senso del quesito, per le aziende con più di 15 dipendenti, il limite massimo dei sei mesi può essere aumentato fino a 10 mensilità per i lavoratori con più di dieci anni di anzianità e fino a 14 mensilità per quelli con oltre venti anni di servizio.

Se l’8 e il 9 giugno vinceranno i SI, rimuovendo le parti modificate alla legge 604, i giudici avranno maggiore discrezionalità nel determinare l’indennizzo per i lavoratori licenziati ingiustamente nelle piccole imprese, potendo stabilire risarcimenti più equi e proporzionati alle circostanze specifiche di ciascun caso, criteri come, ad esempio, l’età del lavoratore, l’anzianità di servizio, i carichi familiari e la situazione economica dell’azienda, senza un tetto predefinito.

Secondo alcuni sindacati questa modifica mira a rafforzare le tutele per quasi 4 milioni di lavoratori dipendenti di piccole imprese, eliminando la disparità rispetto ai “colleghi” delle aziende più grandi, dove le indennità possono essere più elevate, ponendoli in una posizione di maggiore vulnerabilità. Un risarcimento potenzialmente più elevato potrebbe, inoltre, dissuadere i datori di lavoro dal procedere con licenziamenti ingiustificati.

I sostenitori del SI, come alcune sigle sindacali come la CGIL, sostengono che l’eliminazione del tetto massimo all’indennità rappresenti un passo avanti verso una maggiore equità e giustizia per i lavoratori delle piccole imprese e, a differenza dei contrari, valutano la modifica proposta come un grande sostegno all’occupazione e alla stabilità economica di queste realtà, poiché la maggior “tutela” avvertita dai lavoratori migliora il loro apporto al ciclo produttivo e li fidelizza con l’azienda stessa, senza eventuali aumenti dei costi potenziali per le piccole aziende specialmente per quelle “sane” con imprenditori validi e innovativi.

Per tali ragioni è importante la partecipazione al referendum di tutti i cittadini per esprimere il loro consenso.  Perché il referendum sia valido, infatti, è necessario che partecipi almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto.