Il quarto quesito referendario del 2025, intitolato “Responsabilità anche del committente negli appalti”, propone l’abrogazione parziale dell’articolo 26, del Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro del 2008 che affronta la responsabilità amministrativa delle imprese per reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio.
L’obiettivo del quesito è l’estensione della responsabilità anche al committente (cioè chi affida un appalto o subappalto) per eventuali reati commessi dall’appaltatore (chi esegue il lavoro) o dai suoi dipendenti, nell’ambito del contratto di appalto.
Attualmente, l’articolo 26 stabilisce che l’imprenditore committente è responsabile in solido con l’appaltatore e con ciascuno dei subappaltatori per infortuni e danni subiti dai lavoratori dipendenti dell’appaltatore o del subappaltatore, non indennizzati dall’INAIL o dall’IPSEMA. La norma, tuttavia, esclude tale responsabilità per i danni conseguenti ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
In altre parole quindi, al momento, le imprese possono essere ritenute responsabili solo per reati commessi da persone interne all’organizzazione aziendale come dirigenti, dipendenti o collaboratori. Il committente invece non è direttamente responsabile per i reati dell’appaltatore, se questi agisce come soggetto autonomo.
Il quesito mira, appunto, ad abrogare quest’ultima parte della norma e in caso di approvazione, il committente sarebbe responsabile in solido anche per tali danni, rafforzando la tutela dei lavoratori coinvolti in appalti e subappalti.
Se vince il SI, il committente potrebbe essere ritenuto responsabile in solido per reati commessi dall’appaltatore quando il reato è stato commesso nel suo interesse o a suo vantaggio, anche se il reato è formalmente compiuto da un soggetto esterno come ad esempio l’appaltatore.
Il ritorno alla precedente normativa porterebbe un maggiore controllo e vigilanza sulle imprese cui si affidano lavori in appalto o subappalto e, di conseguenza, la possibilità di sanzioni, in caso d’illecito, più ampie per i committenti.
Un esempio fra i più frequenti riguarda l’assunzione di manodopera non regolare. Se un’azienda affida a un’altra un appalto per lavori edili e, quest’ultima, durante l’appalto, impiega lavoratori in nero, in caso di controllo, oggi, solo l’appaltatore può essere sanzionato. Invece con la vittoria del SÌ, anche il committente potrebbe rispondere, soprattutto se non ha vigilato, attività che rientra fra i suoi obblighi, o se trae vantaggio da quell’attività illecita.
Altri esempi possono riguardare gli infortuni collegati all’utilizzo di macchinari, sostanze o attrezzature utilizzate delle aziende appaltatrici in violazione (o per negligenza sui controlli) rispetto alle normative sulla sicurezza del lavoro. La vittoria del SI rafforzerebbe la responsabilità etica e legale delle imprese, contrasterebbe il lavoro nero, il caporalato e le pratiche illegali negli appalti e, aspetto fra i più importanti, costringerebbero i committenti a scegliere fornitori affidabili e corretti.
Il referendum è stato promosso dalla CGIL che ha raccolto circa 4 milioni di firme a sostegno dell’iniziativa. L’obiettivo, scegliendo il SI sulla scheda rossa, è rafforzare la responsabilità delle imprese committenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, creare più certezze nei rapporti contrattuali evitando che la scelta ricada su aziende senza una sufficiente solidità finanziaria e spesso non in regola con le norme antinfortunistiche, contrastare la deresponsabilizzazione e, garantire, senza alcun aumento di costi per le aziende, una maggiore tutela per i lavoratori impiegati in appalti e subappalti.