Festa a Imola, il M5S e il doping dei numeri

Ma quanti erano i partecipanti al raduno dell’Italia a 5 Stelle, la kermesse del movimento pentastellato che Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio hanno aperto all’Autodromo di Imola il 17 ottobre?

Non avendo fonti dirette, ci si può  attenere a quelle di un organo di informazione tutt’altro che ostile agli organizzatori: Il Fatto Quotidiano. Che, aprendo il suo sito web con un articolo dedicato alla manifestazione, alla terza riga ha risolto freddamente la questione. Testuale: “Gianroberto Casaleggio sul palco di “Italia 5 Stelle” è arrivato tra i cori dei 20mila presenti (200mila per gli organizzatori)”. Una cosa così l’abbiamo già vista e sentita innumerevoli volte.

Premessa: qui non si mette in discussione la diversità, l’alterità del Movimento 5 Stelle e dei suoi aderenti rispetto alla politica dei partiti “ladroni”. Si può essere d’accordo o meno con le idee e le proposte di Grillo, Casaleggio, Di Maio & C., pensare che siano giuste e realistiche o sbagliate e velleitarie ma, fino a prova contraria, non si può negarne la sincerità: hanno tutto il diritto di provare a convincere gli italiani che possono governare meglio e più onestamente di chi adesso guida l’Italia.

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Ma ecco il punto. Almeno su quella che, con la loro necessità di sintesi, i giornalisti in genere catalogano come “guerra dei numeri“, l’alterità tra M5S e l’establishment che contestano viene meno.

Dunque: secondo gli organizzatori pentastellati al raduno di Imola il 17 ottobre c’erano 200mila persone mentre per la questura erano 20mila come scrive “Il Fatto”. Altri organi di informazione sono disposti a concederne molti di più, 50mila, come fanno ad esempio i quotidiani locali del Gruppo Espresso. Lo si legge nell’articolo “Festa 5Stelle, i grillini fanno sul serio” di Claudio Giua pubblicato sul sito della Nuova Sardegna. Cinquantamila presenti sono tanti ma c’è una bella differenza tra le valutazioni dei M5S e quelle degli altri. Una cosa già vista, appunto.

Claudio Giua: Sono pronti a conquistare Palazzo Marino e Campidoglio, perché da vicino non sono brutti né sporchi. In quanto a cattiveria, probabilmente ne hanno più della media degli italiani

La storia dimostra che i numeri delle manifestazioni non corrispondono necessariamente al sentimento prevalente del Paese. Si può citare, ad esempio, la grande manifestazione del marzo 1984 in difesa della scala mobile e contro il decreto del governo Craxi che la intaccava in maniera sostanziale. In piazza, a Roma, andò un milione di manifestanti (compreso chi scrive). Ma ci fu chi ne contò due, tre milioni. Comunque fu una cosa mai vista. Eppure il referendum abrogativo del giugno 1985 non ebbe l’esito atteso: vinsero nettamente i no all’abrogazione. Succede continuamente ma partiti, sindacati e organizzatori di manifestazioni tendono comunque a dare molto peso al numero dei partecipanti. E danno regolarmente stime assai superiori a quelle delle questure. Certo, si può ipotizzare che anche i poliziotti non siano neutrali e che tendano a sminuire manifestazioni che in genere mettono in discussione l’ordine costituito. Bisognerebbe trovare un criterio di calcolo condiviso ma non succederà: gli interessi sono divergenti.

Per i rappresentanti del Movimento 5 Stelle l’alterità rispetto ai “partiti corrotti e ladroni” è un marchio di fabbrica costitutivo. Ma il guaio è che la politica e la battaglia per la conquista dei voti hanno le loro regole: bisogna avere un’immagine vincente a prescindere. Anche se non ce ne sarebbe bisogno perché si è già sulla cresta dell’onda, come dicono i sondaggi sul Movimento di Grillo e Casaleggio. E se per ottenere il risultato è necessario fare il doping ai numeri, lo si fa. Vero: non sono i numeri del reddito di cittadinanza o dei rimborsi ai partiti. La questione in fondo è trascurabile. Ma almeno in questo, i cinque stelle non sono alieni. Sul resto si vedrà.